mercoledì 1 giugno 2016

Dicono che :"A piccoli passi, secondo le usanze cinesi, Pechino si compra l'Italia. Un po' di Fiat, un pizzico di Telecom, una fettina di Eni ed Enel, la banca centrale del colosso asiatico sta entrando nelle maggiori società di casa nostra, pronta a moltiplicare gli investimenti se dovesse crescere la fame di liquidità della nostra economia, o nel caso in cui i prezzi degli asset si facciano ancora più convenienti. Secondo la fondazione Italia-Cina, più di 90 gruppi cinesi (Hong Kong esclusa) avevano una presenza in aziende italiane alla fine del 2013. Secondo il Financial Times , nel 2014 l'Italia è stato l'obiettivo principale dello shopping cinese in Europa. Dei 6 miliardi di dollari complessivamente investiti nel Vecchio continente, quasi 4 miliardi sono piovuti da noi. Dopo Gran Bretagna e Francia, l'Italia è il terzo Paese europeo per ammontare degli investimenti cinesi davanti a Germania, Grecia, Portogallo e Spagna. La Banca del popolo cinese a luglio ha acquistato quo

Dicono che :"A piccoli passi, secondo le usanze cinesi, Pechino si
compra l'Italia. Un po' di Fiat, un pizzico di Telecom, una fettina di
Eni ed Enel, la banca centrale del colosso asiatico sta entrando nelle
maggiori società di casa nostra, pronta a moltiplicare gli
investimenti se dovesse crescere la fame di liquidità della nostra
economia, o nel caso in cui i prezzi degli asset si facciano ancora
più convenienti. Secondo la fondazione Italia-Cina, più di 90 gruppi
cinesi (Hong Kong esclusa) avevano una presenza in aziende italiane
alla fine del 2013.
Secondo il Financial Times , nel 2014 l'Italia è stato l'obiettivo
principale dello shopping cinese in Europa. Dei 6 miliardi di dollari
complessivamente investiti nel Vecchio continente, quasi 4 miliardi
sono piovuti da noi. Dopo Gran Bretagna e Francia, l'Italia è il terzo
Paese europeo per ammontare degli investimenti cinesi davanti a
Germania, Grecia, Portogallo e Spagna.
La Banca del popolo cinese a luglio ha acquistato quote di
Fiat-Chrysler (177 milioni di euro per il 2 per cento delle quote),
Telecom Italia (310 milioni per il 2,081 per cento) e Assicurazioni
Generali (475 milioni per il 2,014 per cento). A marzo era toccato a
Eni (1,4 miliardi per il 2,1 per cento della società petrolifera) ed
Enel (734 milioni per il 2,07 per cento).
In maggio la Cassa depositi e prestiti ha ceduto il 40 per cento di
Ansaldo Energia, che era appartenuta a Finmeccanica, allo Shanghai
Electric Group per 400 milioni di euro. Ad agosto è volata a Pechino
una parte di Prysmian, gruppo attivo nel settore dei cavi per le
telecomunicazioni e il trasporto di energia: anche in questo caso è
stata superata di poco la soglia del 2 per cento che obbliga a
informare la Consob (70 milioni di euro per il 2,018 per cento).
L'operazione più clamorosa è stata l'acquisto per 2,1 miliardi di
euro, ancora dalla Cassa depositi e prestiti (cioè il Tesoro), del 35
per cento di Cdp Reti, ovvero Terna e Snam, a China State Grid. Una
precisa scelta geopolitica che la Cina ha pagato cara, riconoscendo un
premio sulle quotazioni di Borsa. Operazione vantaggiosa per il
governo italiano.
Auto, petrolio, reti per il trasporto di energia, telecomunicazioni,
grande finanza, tecnologie industriali, e c'è anche spazio per il
lusso: il gruppo Shenzhen Marisfrolg Fashion, azienda leader sul
mercato asiatico del pret-à-porter di fascia alta, ha rilevato il
marchio Krizia a febbraio per 35 milioni, mentre lo Shandong Heavy
Industry Group è entrato in Ferretti Yatch con il 75 per cento e Peter
Woo in Salvatore Ferragamo con l'8.
Alle grandi acquisizioni strategiche si aggiungono le piccole
operazioni immobiliari e commerciali sul mercato nazionale. Case,
negozi, attività economiche passano di mano con facilità, come
dimostra il «boom» del sito www.vendereaicinesi.it . Per molti
commercianti spremuti dal fisco i cinesi sono gli unici disposti a
subentrare. Da febbraio il portale bilingue (italiano e mandarino) ha
pubblicato 18mila inserzioni di vendita.
Dopodomani, giovedì, il premier cinese Li Keqiang parteciperà al
quinto Innovation Forum Italia-Cina al Politecnico di Milano.
Restituirà la visita di Matteo Renzi lo scorso giugno, quando portò in
Cina uno stuolo di imprenditori pronti a sottoscrivere partnership con
investitori cinesi. «Nel 2013 abbiamo registrato un aumento di clienti
interessati a investire in Italia e il trend è continuato nel 2014 con
una crescita di almeno il 50 per cento», dice all'agenzia Bloomberg
Sara Marchetta, partner dello studio legale Chiomenti a Pechino.
«È tornata la fiducia - conferma da Shanghai Antimo Cappuccio, partner
dello studio Pirola Pennuto Zei & Associati -. Investire nel Paese è
conveniente perché i prezzi sono molto bassi e ci sono gioielli
venduti come noccioline». Lo studio collabora con China Corporate
United Pavilion per portare società asiatiche all'Expo 2015, per il
quale sono già stati venduti un milione di biglietti in Cina.
Nonostante la lentezza della giustizia e le lungaggini della
burocrazia, l'Italia attrae ancora gli investimenti esteri. Per
Alberto Forchielli, socio fondatore di Mandarin Capital Partners, il
più grande fondo di private equity sino-europeo, la banca centrale
cinese (l'istituzione finanziaria con maggiori risorse e asset al
mondo) ha un disegno preciso sull'Italia: «Di solito adotta un basso
profilo - spiega a Formiche.net - tenendosi sempre sotto la soglia da
dichiarare pubblicamente. In Italia invece Pechino la supera di
pochissimo: significa che vuole farsi notare. Un messaggio sia di
amicizia, sia di potere».
L'obiettivo è chiaro: «La Cina punta in modo deciso a spaccare
l'alleanza tra Europa e Stati Uniti, anche per minare il trattato di
libero scambio transatlantico e influenzare i processi europei»".
Italiani:
Riposseduti?

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